Leggo sul dizionario: miracolo = fatto straordinario, effetto insperato (e, aggiungo io, inimmaginabile per mancanza di categorie mentali), intervento capace di modificare radicalmente una situazione, e invertire il corso degli eventi.
Mi piace pensare che esista una stanza dei miracoli, una stanza colma, traboccante, da cui prendere a piene mani, solo che si conosca la chiave per aprirne la porta, solo che si conosca la chiave del gioco.
E colui o colei che conosce la chiave del gioco apre quella porta, e il miracolo accade.
Recita il saggio: la chiave che apre tutte le porte è l’amore.
E’ dunque il cuore reso vulnerabile, che si è lasciato ferire, intenerire, “il tuo”, quello che ha compiuto il miracolo.
E’ accaduto a 5.000 km. di distanza (i miracoli non conoscono confini, non sono soggetti alle leggi spazio-tempo, basta liberarli e viaggiano alla velocità della luce).
Là, un bambino abbandonato, lacero, scalzo, impolverato, affamato, e ignaro, d’un tratto si trova in paradiso, e non sa spiegarsi come ci sia capitato.
Ma cosa è il paradiso, per quel bambino?
E’ la casa che non ha mai avuto, la madre che non ha mai conosciuto o il cui volto forse ha dimenticato, è un luogo dove ripararsi e riposare un pò il cuore, è un vestito pulito, un paio di scarpe, un pranzo e una cena senza dover cercare tra i rifiuti, è poter andare a scuola, è la vita che comincia … è il Villaggio … a 5.000 km. di distanza.
Troppo lontano, per sentire il suo grazie … ?
Luciana