…per condividere.
Cosa?
Storie. Sono tutte qui, davanti a me, tanti fogli sparsi sulla scrivania.
Fieven – Heden – Teghisti – Tebe…
Con una lievità sconcertante affondano i giovani passi nei ricordi, rivelando impronte straziate che lasciano sgomenti, che ci fanno sporgere e subito ritrarre su soglie di dolore, di sopportazione difficilmente immaginabili, accettabili.
“Il mio nome è Teghisti Bekele. Non so quando sono nata. Ho un fratello ma non so come si chiama, né dove è adesso.
Quando mia madre era malata, una vicina l’ha chiamata per prendere il caffè, così lei sarebbe guarita. Mamma è andata dalla vicina in ginocchio, perché non poteva camminare. Era molto malata, così cucinavo io. Dopo il caffè è tornata a casa e io le ho dato da mangiare, ma lei ha inghiottito un solo boccone e si è messa a letto, così ho mangiato da sola, ma pure a me era passata la fame, così sono andata a letto e mi sono abbracciata a mia madre. Abbiamo dormito tutta la notte insieme, poi la mattina mi sono svegliata e quando l’ho guardata, i suoi occhi erano aperti. Anche la bocca era aperta ed era piena di mosche. Allora ho provato a svegliarla, ma lei non si svegliava…..”
Teghisti – Ghennet – Fiore – Timnit – Tras…
Sgranano le loro storie, tutte modulate su un’unica nota, con poche variazioni, monocordi per la solitudine, la fame, la paura.
Escono dalla notte fitta, gelida, escono dal nulla e per un breve tratto “ trascorso “ si lasciano intravedere, vestite di polvere, di fatica, di sole e di lacrime.
***
Ma questa è una Notte diversa da tutte le altre, ed è chiara, piena di calore e ricca di significato, spalancata sulla vita e nutrita di speranza e le storie che hanno desiderato scrivere sono il dono di Natale offerto a Francesco, a Nevia e ad ognuno di voi, sono segno della percezione che l’amore che si fa dono sa trasformare ogni cosa, sa tessere opere straordinarie, come generare una seconda volta:
“Non pensavo che la vita potesse essere così bella, e la mia adesso è bellissima.“
“Adesso non sono più la bambina di prima, ma sono nata un’altra volta e vivo felice.“
e sa cambiare i nomi:
“Quando sono venuta al Villaggio e ho incontrato Francesco e Nevia ho deciso che volevo cambiare il mio nome, e così mi sono voluta chiamare Fiore. Il mio nome è Fiore Francesco.”
“Adesso il mio nome è Teghisti Francesco e questa è la mia storia.“
“Studierò e farò l’interprete per papà Francesco, il mio nome è Ghennet Francesco.”
“La mia speranza è finire gli studi e diventare un’infermiera. Questa è la storia della mia vita. Grazie. Io sono Tebe Francesco.”
“Voglio aiutare le persone che mi hanno aiutato e che adesso sono la mia famiglia. Il mio nome è Neghisti Francesco.“
“Mio padre e mia madre sono Francesco e Nevia ed io spero di poterli aiutare. Semplicemente da Heden Francesco.“
Tutte le loro piccole storie sono firmate così e questo mi suggerisce un pensiero: che questo nome nuovo indica finalmente un’appartenenza, significa per ognuna di loro aver fatto esperienza di ciò cui ogni bambino che viene nel mondo ha diritto, una paternità e maternità che significhino per lui:
“E’ bene per noi che tu sia qui.”
Ma credo anche di capire che non è solo per Teghisti, Fiore, Timnit e le altre, ma che è bene per noi, sì, proprio per noi, che loro ci siano.
Buon Natale.
Luciana
* Per la legge etiopica il cognome corrisponde al nome del padre.