Da leggere nella notte di Natale (2007)

…per condividere.

Cosa?

Storie.  Sono tutte qui, davanti a me, tanti fogli sparsi sulla scrivania.

Fieven – Heden – Teghisti – Tebe…

Con una lievità sconcertante affondano i giovani passi nei ricordi, rivelando impronte straziate che lasciano sgomenti, che ci fanno sporgere e subito ritrarre su soglie di dolore, di sopportazione difficilmente immaginabili, accettabili.

“Il mio nome è Teghisti Bekele. Non so quando sono nata. Ho un fratello ma non so come si chiama, né dove è adesso.

Quando mia madre era malata, una vicina l’ha chiamata per prendere il caffè, così lei sarebbe guarita. Mamma è andata dalla vicina in ginocchio, perché non poteva camminare. Era molto malata, così cucinavo io. Dopo il caffè è tornata a casa e io le ho dato da mangiare, ma lei  ha inghiottito un solo boccone e si è messa a letto, così ho mangiato da sola, ma pure a me era passata la fame, così sono andata a letto e mi sono abbracciata a mia madre. Abbiamo dormito tutta la notte insieme, poi la mattina mi sono svegliata e quando l’ho guardata, i suoi occhi erano aperti. Anche la bocca era aperta ed era piena di mosche. Allora ho provato a svegliarla, ma lei non si svegliava…..”

Teghisti  – Ghennet – Fiore – Timnit – Tras…

Sgranano le loro storie, tutte modulate su un’unica nota, con poche variazioni, monocordi per la solitudine, la fame, la paura.

Escono dalla notte fitta, gelida, escono dal nulla e per un breve tratto “ trascorso “ si lasciano intravedere, vestite di polvere, di fatica, di sole e di lacrime.

***

Ma questa è una Notte diversa da tutte le altre, ed è chiara, piena di calore e ricca di significato, spalancata sulla vita e nutrita di speranza e le storie che hanno desiderato scrivere sono il dono di Natale offerto a Francesco, a Nevia e ad ognuno di voi, sono segno della percezione che l’amore che si fa dono sa trasformare  ogni cosa, sa tessere opere straordinarie, come generare una seconda volta:

“Non pensavo che la vita potesse essere così bella, e la mia adesso è bellissima.“

“Adesso non sono più la bambina di prima, ma sono nata un’altra volta e vivo felice.“

e sa cambiare i nomi:

“Quando sono venuta al Villaggio e ho incontrato Francesco e Nevia ho deciso che volevo cambiare il mio nome, e così mi sono voluta chiamare Fiore. Il mio nome è Fiore Francesco.”

“Adesso il mio nome è Teghisti  Francesco e questa è la mia storia.“

“Studierò e farò l’interprete per papà Francesco, il mio nome è Ghennet Francesco.”

“La mia speranza è finire gli studi e diventare un’infermiera. Questa è la storia della mia vita. Grazie. Io sono Tebe Francesco.”

“Voglio aiutare le persone che mi hanno aiutato e che adesso sono la mia famiglia. Il mio nome è Neghisti Francesco.“

“Mio padre e mia madre sono Francesco e Nevia ed io spero di poterli aiutare. Semplicemente da Heden Francesco.“

Tutte le loro piccole storie sono firmate così e questo mi suggerisce un pensiero: che questo nome nuovo indica finalmente un’appartenenza, significa per ognuna di loro aver fatto esperienza di ciò  cui ogni bambino che viene nel mondo ha diritto, una paternità e maternità che significhino  per lui:

“E’ bene per noi che tu sia qui.”

Ma credo anche di capire che non è solo per Teghisti, Fiore, Timnit e le altre, ma che è bene per noi, sì, proprio per noi, che loro ci siano.

Buon Natale.

Luciana 

* Per la legge etiopica il cognome corrisponde al nome del padre.

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