Scoppia la guerra civile nel Tigray 4 Nov 2021

Carissimi amici,

l’ultima volta che vi ho scritto è stato a settembre, quando stava iniziando la nuova ondata di pandemia e vi avevo comunicato che, dal nostro Villaggio di Adwa, le notizie giunte erano ottime, in quanto nessuno, tra i ragazzi e i lavoranti si era ammalato.

Dopo meno di due mesi, però, è accaduto un evento drammatico e inaspettato: la guerra!

Il 4 Novembre è difatti iniziata la guerra civile tra il governo centrale di Addis Ababa e la regione del Tigray, proprio dove si trova il nostro villaggio.

Il conflitto è nato per motivi politici – il Tigray rivendicava una sorta di indipendenza, prevista dalla costituzione che il governo centrale non ha voluto riconoscere – motivi legati anche a rivalità tribali tra l’etnia tigrina, che era stata al governo negli anni precedenti, quella amhara e quella oromo, del nuovo Presidente della nazione.

Al Tigray è stata tolta l’acqua, l’energia elettrica, tagliate tutte le strade di comunicazione e tutti i collegamenti terrestri e aerei, tagliate tutte le comunicazioni telefoniche, internet, radio, televisione e ogni mezzo di comunicazione o collegamento, i rifornimenti alimentari.

Per due mesi non è stato possibile ricevere alcuna notizia e anche il Vaticano ha segnalato che non sapeva nulla della sorte del vescovo della regione!

È stato impedito l’ingresso a ogni organizzazione umanitaria, all’ONU e perfino alla Croce Rossa!

Non abbiamo potuto far altro che affidarci alla Speranza e attendere nell’angoscia.

La vigilia di Natale abbiamo ricevuto una breve e disturbatissima chiamata telefonica, al limite della comprensione, attivata fortunosamente da un religioso che si trovava sul posto, attraverso collegamenti con altri paesi del mondo, con la quale abbiamo appreso, con grande commozione, che la tempesta della guerra aveva però risparmiato il nostro Villaggio.

In un modo che possiamo solo definire incredibile e miracoloso, il nostro Villaggio non era stato toccato dalle devastazioni della guerra: nessuno era forzatamente entrato, nessuno lo aveva violato, nulla era stato rubato, nessuno aveva subito alcun tipo di violenza.

Tutte le paure che nutrivamo per i nostri bambini e ragazzi, e per tutti i componenti dello staff sono svaniti, e una commozione liberatoria ci ha invaso.

Ma, nel contempo, ci siamo chiesti quanto questa situazione “straordinaria” potesse durare nel tempo, stante la situazione di guerra in atto, sempre più violenta.

Difatti la città di Adwa è stata semidistrutta: distruzioni e devastazioni di edifici di ogni genere: case, banche, uffici pubblici, negozi – che sono stati anche saccheggiati; distrutta una importante fabbrica tessile (Almeda), che dava lavoro ad alcune migliaia di persone.

I media italiani hanno dato notizie, sia pure come informazioni di secondo piano, di massacri, violenze, stupri e distruzioni in tutta la regione

Poi una nuova telefonata ci è giunta proprio ieri e abbiamo potuto ricevere qualche maggiore notizia, peraltro, e comprensibilmente, sempre in modo “frammentario e molto reticente”, senza risposta a molte delle nostre domande.

Il nostro Villaggio è ancora “salvo”, ma la guerra, purtroppo, non sembra affatto finita e continua con estrema violenza in tutta la regione con l’esercito del Tigray che combatte tra le montagne e nelle foreste.

In tale situazione, è difficile pensare a qualsiasi normalizzazione e ad una, se pur minima, ripresa della vita “normale” con la riduzione dell’attuale stato di guerra.

Abbiamo letto, proprio in questi giorni, alcune notizie di stampa e di agenzia che segnalano un intervento degli organismi internazionali, con richiesta di immediata liberazione del Tigray, il ripristino dei servizi essenziali (acqua, luce, comunicazioni e collegamenti), la riapertura delle strade di comunicazione, anche per consentire le forniture di beni alimentari e di prima necessità, per evitare carestie e malattie.

Non abbiamo, purtroppo, alcuna notizia circa le altre nostre iniziative nella regione e, in particolare, del presidio medico di Magauma.

Ad Addis Ababa, invece, la situazione legata alla guerra non causa alcuna significativa conseguenza. Proseguono però le restrizioni legate al Covid, che rendono difficile, per i malati, l’accesso al Centro di cura della podoconiosi, anche se viene loro rimborsato il costo del trasporto e, nei limiti di quanto consentito dalle autorità locali e dalla situazione sanitaria, anche un sostegno alimentare, decisamente fondamentale in questo momento.

Siateci vicino e seguite, con il vostro pensiero e il vostro affetto, i nostri bambini e ragazzi, lo staff del Villaggio, tutti i nostri assistiti e malati.

È un’ora decisamente buia ma, siamo certi, tornerà il sole e il sorriso dei nostri e vostri bambini.

Non sappiamo quando, ma accadrà.

Un grande abbraccio e, con l’occasione Buona Pasqua e buona salute a tutti.

Con affetto.

Associazione
James non morirà
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