Carissimi amici,
nella precedente comunicazione di marzo, vi avevo dato le prime notizie sulla guerra civile scoppiata in Etiopia, tra il governo centrale di Addis Ababa e quello regionale del Tigray che richiedeva una indipendenza regionale, prevista dalla costituzione dell’Etiopia.
Le conseguenze erano state lo scoppio di una guerra civile, con intervento anche dell’Eritrea, così da chiudere in un doppio accerchiamento l’esercito tigrino che, difatti si è ritirato e rifugiato sulle montagne, ma questo, anziché rendere meno grave la situazione per la popolazione, ha significato lasciare campo libero all’esercito dell’Eritrea che ha devastato la regione e la popolazione, con violenze di ogni genere distruzione a tappeto di tutto ciò che poteva essere distrutto.
In questo panorama apocalittico il nostro Villaggio, miracolosamente, non era stato toccato, come avevamo potuto apprendere attraverso due o tre brevissime, concise e scarne comunicazioni telefoniche, che si sono limitate a rassicurarci.
In questi ultimi mesi, qualcosa è mutato dal punto di vista militare.
Difatti l’esercito del Tigray è passato al contrattacco e ha riconquistato l’intera regione, spingendosi anche oltre i confini della stessa tanto che il governo centrale, preoccupato da tale avanzata, ha dichiarato un cessato il fuoco unilaterale, non accettato dall’esercito del Tigray.
La prima e unica conseguenza è stata la cessazione delle violenze legate all’esercito eritreo di occupazione. Significa moltissimo, per la popolazione, ma la situazione resta gravissima, sotto tutti gli aspetti.
Una telefonata, ricevuta nei giorni scorsi, consistente in un breve messaggio registrato, pervenutoci a seguito di molteplici invii intermedi, probabilmente con telefoni cellulari, ci ha confermato che ad Adwa, al momento non c’è più guerra ma, testuali parole del messaggio, “la situazione è ancora peggiore”.
Difatti la regione del Tigray continua ad essere priva di comunicazioni telefoniche, di internet e di ogni altra comunicazione via terra o via aerea.
Continuano a mancare luce e acqua, non è possibile far entrare nella regione aiuti umanitari, generi alimentari, medicinali. Tutte le strutture sono state distrutte, insieme ai negozi, uffici pubblici, banche. Manca materialmente il denaro con il quale, peraltro, non vi sarebbero beni da acquistare, a causa dell’isolamento e della mancanza di rifornimenti di beni di qualsiasi natura.
Nel messaggio ci hanno confermato che, avendo sin dall’inizio della guerra, razionato le scorte di generi alimentari che, fortunatamente, erano arrivate proprio pochi giorni prima dello scoppio della guerra e in misura maggiore di quelle consuete, hanno ancora del cibo disponibile. Ma non potrà durare a lungo. Comunque è una situazione che potremmo definire quasi di privilegio, nel contesto generale, nel quale è altamente probabile che si verifichi una carestia peggiore di quella del 1980 che provocò oltre un milione di morti.
Il Parlamento Europeo ha emanato una risoluzione che invita alla cessazione delle ostilità, e chiesto nel contempo all’ONU di inviare forze di pace nella regione.
La situazione diplomatica è comunque assai tesa perché il governo etiope ha espulso, come persone non gradite, sette funzionari umanitari dell’ONU.
In questo panorama drammatico, una buona notizia e una luce di speranza.
La buona notizia è che i ragazzi hanno potuto riprendere a frequentare la scuola: un primo spiraglio di futura normalità
La luce di speranza deriva dal fatto che sono arrivati al Villaggio due nuovi bambini!
Lo abbiamo saputo dal messaggio telefonico registrato che abbiamo ricevuto. Non sappiamo chi li abbia portati o come siano giunti da noi ma, in ogni caso, sono due nuove vite che potranno salvarsi dall’orrore della situazione.
Ci hanno comunicato solo i loro nomi e l’età: Selamawit, una bimba di circa sei mesi e Jonas, un bimbo di circa 3 settimane.
La notizia ci ha reso felici perché è la constatazione che, pur in un contesto così drammatico, il nostro Villaggio continua a essere un punto di riferimento per la salvezza dei bambini.
Speriamo che la situazione migliori al punto di permetterci di poter finalmente tornare in Etiopia ma, al momento attuale non sappiamo quando questo potrà avvenire, perché la guerra continua.
Contiamo sempre sul vostro sostegno materiale e morale, essenziali per continuare a operare e, ringraziandovi per il vostro affetto e partecipazione, vi invio un affettuoso e speranzoso abbraccio.
Franco