Da leggere nella notte di Natale (2016)

Ho pensato al Natale dei nostri figli e nipoti e al Natale di Akalu, e vorrei che ne conosceste la storia.

L’abbiamo incontrato mentre usciva dall’infermeria, sorretto da Sister Gumbo e da Zafu.

“ Francesco, non possiamo lasciarlo andare, deve essere ancora medicato nei prossimi giorni, è una brutta ferita e lui abita a Mariam Showito “.

“ Akalu, ascolta, devi rimanere qui, finchè non avrai più bisogno di cure “.

Il viso si fa scuro: “ Non posso, mio fratello è solo, devo tornare, e fra tre giorni è Natale “.

Ci consultiamo brevemente, ma lui aggiunge: “ C’è anche Elias e i suoi fratelli, questo è il secondo Natale che passiamo insieme “.

“ Akalu, quanti anni ha tuo fratello, e chi è Elias ? “.

Zafu traduce, mentre più volte le si riempiono gli occhi di lacrime.

Akalu parla e io mi chiedo come potrò tradurre l’eco, la risonanza che le sue parole lasciano dentro ognuno di noi.

                                                               °°°

Nell’istante in cui sua madre morì, a 25 anni, stroncata dall’ AIDS e dalla tubercolosi, Akalu seppe di non poter più contare su nessuno.

Ma stranamente non ebbe paura.

Quel tremore oscuro che gli segnava di lividure il cuore da mesi, quando sentiva il respiro di sua madre  frantumarsi in gola e la fine avvicinarsi, come d’incanto non c’era più.

Così mise un braccio sulle spalle del fratellino e divenne un uomo.

Ma Akalu aveva solo nove anni.

Gli fu bruciata anche la casa, fatta di fango e di sterco di animali, e bruciato l’unico vestito di sua madre, insieme alla coperta di lana cotta che la proteggeva dal gelo delle notti sull’altipiano.

Ma dagli occhi di Akalu non uscì una lacrima.

Gli avevano detto che gli spiriti malvagi che avevano colpito sua madre sarebbero bruciati con la casa e lui non staccò gli occhi da quella visione finché ogni cosa non fu consumata.

E con gli occhi del dolore li vide contorcersi tra le fiamme e per un attimo gli sembrò di udirne anche il lamento, poi ebbe bisogno di sapere di avere avuto giustizia.

Quella notte Akalu e suo fratello trovarono riparo nella capanna di Elias, 12 anni, tre fratelli più piccoli, capofamiglia da due.

Fu lui che, l’indomani, si portò dietro Akalu sul posto di lavoro e lo presentò al capocantiere.

Forse è l’aria rovente e riarsa dell’altipiano, capace di disseccare anche la pietà e la commozione, che non fece battere ciglio all’uomo cotto dal sole.

Guardò solo per un attimo Akalu, valutando la forza potenziale di quel corpicino, poi fece cenno di sì con la testa, senza spendere una parola, e Akalu si trovò nel campo di pietre insieme ad Elias.

Era bianco, calcinato, accecante, e sembrava vuoto.

Notò solo, qua e là, delle sagome di lamiera conficcate tra le pietre e girate tutte dalla stessa parte, girasoli di metallo.

Poi udì il rumore e capì che il campo era abitato.

Elias lo fece accovacciare accanto a sé, tirò su la sua lamiera, per ripararsi dal sole, e cominciò a martellare.

E per settimane intere fu suo maestro.

Un lavoro duro, da rompere la schiena, un lavoro difficile. Le pietre dovevano uscire perfettamente squadrate e levigate, per sostituire i mattoni.

Un lavoro paziente, rassegnato, dall’alba al tramonto.

Un giorno Elias si fece male e il guardiano lo mandò all’ infermeria del Villaggio, da Sister Gumbo.

Si mise in fila, come gli altri prima di lui, e cominciò ad osservare.

Erano tutti bambini dell’asilo , col grembiulino pulito e per quanto si sforzasse di capire perchè attendevano di entrare nell’infermeria, non riusciva a vedere alcuna ferita o qualcosa che dovesse essere curato.

Quando ne ebbe solo tre o quattro davanti, riuscì a vedere il volto di Sister Gumbo, ma sopratutto vide il suo sorriso. E vide manine alzate verso di lei, o un ditino che indicava un punto da medicare, ma continuava a non vedere neppure un graffio.

Sister Gumbo sorrideva accondiscendente, metteva ad ognuno un po’ di crema sul punto indicato e faceva un lieve massaggio.

Sapeva di una fame d’amore.

Nel cuore di Elias si affacciò quell’espressione grata e beata che lui aveva visto sul volto dei piccoli scolari, e quell’espressione vi rimase, come incollata, fino a sera, finché non ne parlò ad Akalu.

E Akalu,  bambino cresciuto troppo in fretta, cominciò a sognare. Non riusciva a togliersi dalla testa quelle due immagini, il sorriso di Sister Gumbo e la crema inutile, massaggiata con tenerezza.

Così una mattina, quel taglio profondo sul piede appoggiato distrattamente su un bordo troppo affilato della pietra, gli sembrò un accadimento celeste.

Fu accompagnato fino all’infermeria, il piede avvolto in uno straccio lurido.

Si sedette sullo sgabellino e fu avvolto da tutto quel bianco.

Bianco il camice di Sister Gumbo, bianco il telo sul lettino, bianche le garze, i batuffoli di cotone.

Sembrava bianca anche l’aria, ed era piacevolmente fresca, pulita dopo tutta quella polvere e quel calore.

Ed eccolo il sorriso di Sister Gumbo, e il suo invito a sdraiarsi sul lettino.

Lo fece e sentì prepotente il desiderio di chiudere gli occhi, di assaporare tutto quel bianco.

Sister Gumbo infilò i guanti per medicarlo e si girò verso di lui, ma poi rimase immobile a guardarlo.

Akalu da quel bianco si lasciò cullare, poi si decise a riaprire gli occhi e si vide.

Vide i suoi calzoni strappati, la maglietta sporca e piena di buchi, le braccia e le gambe coperte di polvere e sudore, e i piedi come i piedi di un bambino che non si può lavare e non ha scarpe.

Ed ebbe vergogna.

Di fronte a quel candore immacolato scese di colpo dal lettino e andò a sedersi di nuovo sullo sgabellino.

Poi confuso, quasi a scusarsi di essere lì, alzò gli occhi verso Sister Gumbo, indicò il suo piede impastato di polvere e di sangue e sussurrò grave: ” work….”

                                                                  °°°

 “ Ascolta, Akalu, veniamo con te. Andiamo a prendere tuo fratello, Elias e i fratellini, e passeremo il Natale qui, tutti insieme. Vedrai, sarà un bellissimo Natale”.

“ Cosa avreste fatto a Mariam Showito? “

“ Con Elias abbiamo messo da parte 150 Birr per comprare un pollo “.

“ E’ questo il pranzo di Natale ? “

“ Oh, no, poi ci sono anche sei arance……..”

Buon Natale, ad ognuno di voi.

Luciana

Associazione
James non morirà
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