Sellas Curava i fiori del Villaggio.
Lo faceva con una tale attenzione ed una dedizione così singolare che, osservandola, veniva da pensare che lei, con i fiori, intrattenesse una relazione preferenziale, anzi totale; che comunicasse con loro attraverso un lessico floreale inarticolato che solo lei conosceva e al quale loro, i fiori, rispondevano, impazienti di mostrarsi a lei in tutta la loro segreta, nascosta, provocante bellezza.
Sellas era muta.
Qualcosa di terribile era accaduto dentro di lei e aveva sigillato, alla fonte, ogni suono, ogni parola, relegandola in quel tempio di altissimo silenzio che adesso lei abitava e custodiva, perchè non fosse più profanato.
Profumi inebrianti, colori vertiginosi, policromie profuse a piene mani, oro, arancio, porpora, cremisi, affollavano i suoi sensi, la stordivano e Sellas finì per non udire più neppure le voci, i rumori, solo si lasciava galleggiare sopra la vita, sospesa, immobile.
Dalla finestra del suo ufficio, affacciato sul giardino, Francesco la vedeva ogni mattina, chinata sui suoi fiori, a respirarne la bellezza intatta; così un giorno, vedendo quella croce con la quale aveva firmato il registro degli stipendi, gli venne in mente che forse un modo c’era, per aiutarla: insegnarle a scrivere.
Se avesse imparato a scrivere, quel suo esilio muto, silente, sarebbe cessato, Sellas sarebbe tornata.
Si ricordò di una vecchia maestra, gentile e poverissima, conosciuta in uno dei suoi tanti giri tra i vicoli di Adwa e andò a trovarla.
Le raccontò di Sellas, di quel suo mondo genesiaco fermo al terzo giorno della creazione, e si accorse, man mano che parlava, di quella scintilla che luccicava nello sguardo della vecchia maestra.
“So bene come fare, le insegnerò a scrivere. Anche mia sorella era muta, l’ho già fatto con lei”.
Francesco sorrise pensando “guarda un pò, i casi della vita”.
Le chiese se poteva andare lei da Sellas, per evitarle la curiosità insultante delle altre donne.
L’avrebbe pagata lui, ma questo Sellas non doveva saperlo.
Quando tornò al Villaggio gliene parlò. Lei schiuse le labbra e rimase così, fermando il tempo, senza capire. Poi lasciò affiorare lo stupore, l’incredulità e infine la felicità.
L’indomani i fiori attesero a lungo le cure di Sellas e così i giorni successivi.
Lei arrivava solo nel pomeriggio, e restava con loro fino a che le prime luci di Adwa si accendevano là sotto, ai pieni della collina.
Prima di allontanarsi, si girava sempre almeno una volta, verso di loro.
Chiedeva che capissero …..
Passarono i mesi e una mattina, all’improvviso, Francesco se la trovò davanti. La vide tirarsi fuori dalla tasca un foglietto ripiegato con cura, e scappare via.
C’era scritto:” Grazie. Adesso posso scrivere il mio nome. Francesco, il mondo è così bello”.
Sellas era tornata……
Un sereno Natale, ad ognuno di voi.
Luciana