Carissimi amici, come state?
La domanda, questa volta, è d’obbligo, considerata la situazione sanitaria che l’intero mondo sta vivendo. Spero bene e che l’emergenza Covid vi abbia solo sfiorati, magari risolvendosi in una forzata e impensata “clausura” dalla quale, comunque, si possono trarre anche importanti spunti di riflessione.
Si tratta, come detto, di una situazione che, per la prima volta, coinvolge l’intero pianeta rendendoci, almeno sotto questo aspetto, tutti uguali e tutti “fratelli”.
Sembra, difatti, che il virus non tenga conto della condizione sociale, della ricchezza, del sesso, dell’età. Difatti, di tempo in tempo, l’età dei contagiati e dei colpiti si sposta: più anziani, meno anziani; trasmettitori del virus ora giovani ora meno giovani.
È una sorta di piccola (o grande) apocalisse che non fa distinzioni e che, oltre alla malattia, ha portato anche aspetti collaterali e conseguenti, a volte peggiori della sola malattia: perdita di posti di lavoro, piccole e medie attività imprenditoriali e professionali chiuse o cessate, una necessaria maggiore attenzione alla gestione delle proprie (ora ridotte) risorse finanziarie.
Ma cosa è avvenuto e cosa avviene nei paesi dove operiamo?
In Etiopia – e questa è una ottima notizia – tutti i bambini, ragazzi e tutti i componenti dello staff non hanno avuto alcun problema con il Covid: nessuno si è ammalato!
La situazione della regione, comunque, è molto nebulosa, perché è estremamente difficile avere notizie concrete e affidabili. Ad Adwa e nella regione, comunque, la situazione sembra sotto controllo, almeno dalle notizie che riceviamo dal nostro staff del Villaggio.
Piuttosto le norme di sicurezza imposte dal governo stanno rendendo molto difficile il nostro lavoro, soprattutto per la distribuzione degli aiuti a tutti gli assistiti esterni, per motivi logistici e organizzativi. Difatti, la distribuzione degli aiuti veniva fatta periodicamente a tutti gli assistiti ed erano note le date e i giorni nei quali questi venivano effettuati. In occasione dei nostri viaggio di ottobre/novembre, si riusciva anche a scattare le foto dei bambini esterni assistiti a distanza.
Ora, per disposizione del governo, questo non è possibile, perché si creerebbe un assembramento certamente pericoloso per tutti. Quindi è divenuto necessario scaglionare la distribuzione degli aiuti nel corso di diversi giorni, a poche persone ogni volta, ma questo crea un impegno quasi quotidiano, oltre che un notevole disagio a coloro che vivono nei villaggi circostanti perché, abituati a venire in certe date, distanziate nel tempo e loro ormai note, ora si trovano a fare viaggi a vuoto e per loro diventa molto difficile memorizzare date diverse, che mutano di volta in volta.
Così la confusione si crea comunque, anche se la presenza dei sorveglianti e guardiani aiuta a gestire la situazione e a spiegare, faticosamente, le diverse e nuove modalità che, per molti, risultano incomprensibili.
Anche l’approvvigionamento dei viveri è molto difficoltoso. Gli ordini di prodotti alimentari – che facciamo un paio di volte all’anno ad Addis Ababa, per acquistare all’ingrosso, con un notevole risparmio, le scorte necessarie e che ci vengono spediti via terra con dei camion – stanno diventando difficili, sia per mancanza di alcuni beni, che per la situazione interna del paese, con gravi rischi legati al trasporto, che potrebbe essere saccheggiato durante il lungo viaggio (più di 1000 km).
Internet e le linee telefoniche vengono spesso bloccati e, per diversi giorni, si resti privi di qualsiasi contatto. Difatti, anche se non se ne parla, vi sono stati, di recente, periodi di estrema tensione interna. La responsabile del centro di cura della podoconiosi ci ha scritto quanto vi riporto testualmente e che illustra chiaramente la situazione: “Finalmente dopo 16 gg senza connessione, eccoci qui, ma solo con wifi che ho solo a casa…… Noi, come avrete sentito, oltre al coronovirus, siamo in emergenza per la situazione politica. Questa volta l’abbiamo vista abbastanza brutta. Spero che finisca bene, perchè è davvero di gran lunga peggiore del virus. Hanno distrutto tantissimo sia in città che nei dintorni. Che mistero, uccidersi tra fratelli.”
I nostri consueti e frequenti viaggi ad Adwa sono sospesi da mesi e non riusciamo a capire quando sarà possibile riprenderli. Anche recentemente ci hanno confermato che, arrivando ad Addis Ababa, dovremmo fare una quarantena due settimane in città, il che rende di fatto impossibile, almeno per il momento, un viaggio. Se ci consentissero di trascorrere la quarantena all’interno del Villaggio, il problema sarebbe risolto.
Comunque – esclusi i periodi di interruzione delle comunicazioni telefoniche e internet – siamo costantemente in contatto con il nostro staff del Villaggio per tentare di risolvere a distanza i tanti piccoli (o grandi) problemi quotidiani. Questo ci consente di verificare, e ne siamo fieri, che lo staff locale è in grado di far fronte a quasi tutte le necessità gestionali e ci rende tranquilli anche nel caso le attuali difficoltà di viaggio dovessero ulteriormente prolungarsi.
D’altro canto siamo in Africa – un’Africa che seppur si sta ormai muovendo verso un migliore futuro – resta pur sempre un luogo di grandi difficoltà operative di ogni genere per cui, poter contare su una corretta e permanente gestione di una struttura, come il Villaggio, organizzata, funzionante, gestita e garantita nel tempo da uno staff interamente di persone locali, è un risultato veramente notevole che ci riempie di gioia e che, altrettanto, deve riempire di gioia i vostri cuori, perché è solo grazie ai vostri sostegni che questa realtà, che tra non molto raggiungere venti anni di attività, è riuscita a nascere, crescere e rimanere attiva nel tempo.
Anche i nuovi progetti che avevamo in animo di realizzare, sono al momento fermi, non solo per il virus, ma anche per tutto quanto ora comunicatovi. Speriamo che, quanto prima, la situazione interna migliori e quella sanitaria lo consenta, così da poter attivare qualche nuovo progetto.
In Italia stiamo potenziando il progetto “a cena tra amici” – destinato a persone sole e indigenti, famiglie rimaste senza lavoro – per il quale siamo ormai pronti ad aumentare a breve, portandole da due a tre, le cene settimanali che vengono erogate, grazie all’aiuto di un nuovo gruppo di giovani volontari e al nostro sostegno economico.
Il progetto non è rivolto solamente all’aspetto legato al cibo, ma vuole creare un’occasione per fornire a queste persone un momento di incontro, aggregazione, condivisione; far nascere conoscenze e amicizie affinchè i partecipanti non si sentano più tanto soli, ma sappiano di poter contare su un luogo di sostegno materiale e morale, dove trascorre in serenità e anche con un po’ di gioia e “spensieratezza” qualche ora, sollevati, per quel tempo, dalle angosce quotidiane.
Vi ringrazio per il vostro sostegno e per avere ancora una volta letto quanto vi scrivo e partecipato, in tal modo e affettuosamente, alla vita della nostra organizzazione.
Un grande abbraccio.
Franco