Ottobre 2005

Cari amici,

sono di nuovo in partenza per l’Etiopia. Evviva!

Vado a vedere, dopo alcuni mesi, come funziona quel “paradiso” che tutti insieme – voi, noi e Francesco – siamo riusciti a costruire!

Però, prima di partire mi sono “imposto” di trovare il tempo per scrivere un’altra lettera a tutti i nostri amici sostenitori. Difatti molti ci hanno scritto chiedendo notizie ed informazioni e meravigliandosi che, alla nostra prima comunicazione di aprile, non ne fossero seguite altre.

Ci sono due motivi.

Il primo è che, come abbiamo chiaramente indicato, desideriamo operare in modo particolare e specifico, cioè evitando di “invadervi” con un ripetuto invio di notizie e di lettere, ma limitandoci a due/tre comunicazioni all’anno in modo di consentirvi di richiamare, di tanto in tanto, la vostra attenzione, su quello che nel frattempo è avvenuto.

Il secondo è un problema di tempo. A costo di risultare ripetitivo, devo ribadire che, per scelta, vogliamo evitare, fino a quando sarà possibile, ogni spesa di amministrazione, così come, sempre per scelta, abbiamo deciso di eliminare ogni spesa di pubblicità. Anche queste lettere – puramente informative per condividere insieme con voi la gioia, e non solo quella, di ciò che stiamo cercando di fare – sono inviate solamente a coloro che hanno un indirizzo internet, per evitare spese postali.

Tutto il lavoro della Fondazione è affidato solamente a volontari.

Per la gestione ed amministrazione della Fondazione – offerte, adozioni a distanza, contabilità, corrispondenza con i sostenitori, rapporti esterni, ecc. – siamo in pratica solo in due – mia moglie ed il sottoscritto – anche se possiamo contare sull’aiuto saltuario che alcuni collaboratori del mio studio professionale danno nei momenti di maggiore necessità. E’ evidente che in tale situazione, nella quale devo anche curare il mio studio professionale, il tempo da dedicare alla Fondazione, che richiede peraltro un notevolissimo impegno, è necessariamente limitato e deve essere indirizzato alle necessità più impellenti, costituite in genere dalle richieste che Francesco ci indirizza da Adwa (medicinali, consulenze mediche, reperimento di oggetti e materiali, ecc.) dalla corrispondenza con tutti i sostenitori e da mille altre necessità.

Mi scuso di questa lunga precisazione ma mi è sembrata opportuna per chiarire, una volta per tutte, la nostra “filosofia” di operare che è anche legata alla disponibilità di tempo e di risorse.

Veniamo ora all’aggiornamento della situazione.

Le costruzioni del Villaggio sono ormai da tempo tutte completate, rispettando in pieno i tempi previsti. Difatti, come comunicato in precedenza, sia il Villaggio che il centro di Emergenza sono già in funzione da Febbraio. In questi giorni Francesco sta cercando di far montare il generatore che avevamo portato dall’Italia, e che non stato ancora possibile attivare, perchè il punto dove doveva essere posizionato è stato l’ultimo ad essere completato.

Dobbiamo portargli dall’Italia un paio di pezzi mancanti ed introvabili sul posto – un interruttore magnetotermico ed una spina trifase – così che possa essere finalmente installato ed attivato. Ciò dovrebbe avvenire durante la nostra permanenza ad Adwa. Nel frattempo Francesco era riuscito ad attivare un piccolo generatore – per sopperire alle frequenti mancanze di corrente – almeno per il congelatore ed il frigo, dove vengono conservati alcuni alimenti ed alcuni medicinali. Tutto è andato bene e contiamo che, tra pochi giorni, anche il generatore “vero” possa essere in funzione.

Quando vi avevo scritto, ad aprile, vi avevo segnalato che nel Villaggio vivevano due mamme con due bambini ciascuna. Ora vivono stabilmente nel Villaggio quattro mamme e, complessivamente, tredici bambini.

Ecco i loro nomi:

Mamma Brezaf; con Melat, Heden, Rahua, Ghennet

Mamma Atzedé, con Samuel, Merawit, Rahel

Mamma Almas, con Andreas, Tebe, Neghisti

Mamma Ascalu, con Aftum, Mahalet, Timnit

Le età dei bambini variano dai pochi mesi di Samuel e di Andreas ai circa 14 anni di Heden. Andreas, Samuel ed Aftum sono maschietti, le altre sono tutte femminucce.

Otto di questi bambini sono stati già presi in adozione mentre per i restanti cinque, che sono poi gli ultimi arrivati – Rahel, Neghisti, Aftum, Mahalet, Timnit – pensiamo che ciò avverrà presto.

Gli ingressi dei bambini – che devono essere orfani di entrambi i genitori, ad evitare che vengano “parcheggiati” presso il Villaggio, per reclamarli poi quando, verso gli 8/10 anni, possono essere utilmente messi a lavorare – sono stati programmati in modo di farne entrare ogni anno 20/25 per operare con la dovuta gradualità e consentire al Villaggio ed ai suoi ospiti – mamme e bambini – di conoscersi, integrarsi, apprezzare la vita comune, rendendo via via più agevole l’inserimento dei nuovi. Così, entro cinque anni, il Villaggio sarà al completo. Uno dei problemi che dobbiamo fronteggiare è quello di trovare le donne che fungano da mamme, che devono avere certe caratteristiche di serietà, affidabilità, sincerità, onestà, responsabilità, affetto per i bambini. Sotto questo aspetto il Centro di Emergenza ci è di grande aiuto, perchè le donne che vi lavorano sono molte e, in tal modo, abbiamo la possibilità di valutare il loro comportamento, selezionando quelle che ci appaiono più valide e più adatte.

La vita, nel Villaggio, è veramente quella di un piccolo “paradiso”. Una casa in muratura, acqua corrente e luce, cibo abbondante e vario tutti i giorni (alle mamme è stata data indicazione di variare l’alimentazione, altrimenti monotona, introducendo a rotazione carne, uova, cereali, ecc.), la cena tutti insieme nel compound un giorno alla settimana, la possibilità di frequentare la scuola, una mamma che ti aspetta, che ti accoglie e che ti vuole bene. Come sono lontani i tempi della solitudine, della paura, della disperazione quando, soli, non si sapeva dove andare nè a chi rivolgersi. Per i più piccoli e per quelli che sono arrivati al Villaggio subito dopo avere perso anche l’ultimo genitore questo periodo è stato più breve. Ma non meno disperato e terribile. Sappiamo benissimo che i nostri bambini, anche se vivono nel Villaggio, hanno subito traumi gravissimi, che sono tutti fragili, che basta nulla per far riemergere in loro il terrore di un nuovo abbandono. Solo il tempo, le cure, l’amore potranno attenuare o, forse, cancellare tali paure. Noi faremo il possibile perchè ciò avvenga, nella consapevolezza della difficoltà e delicatezza di questo compito.

Ma siamo anche certi che tutti insieme, qualcosa riusciremo a fare! E i sorrisi che ci regalano ci dimostrano che, in qualche modo e sia pure parzialmente, ci stiamo già riuscendo.

Grazie al pozzo che avevamo scavato – e che dopo molte peripezie siamo finalmente riusciti a far entrare in funzione – possiamo contare su una riserva di acqua che ci permette di far fronte alle carenze dell’acquedotto cittadino e, sopratutto, di poter adeguatamente innaffiare l’orto.

L’orto – che per il Villaggio è una grande “conquista” – era stato subito attivato a febbraio e, dalle foto, avete potuto vedere le prime piante di zucchine e di insalata. Ora la produzione è veramente notevole ed abbondante e consente di far fronte a tutte le necessità degli abitanti del Villaggio che possono così contare su un quotidiano apporto di una notevole varietà di prodotti: zucchine, cetrioli, fagiolini, insalata, bieta, cicoria.

Il primo raccolto di cetrioli è stato fantastico e divertente! Nessuno li conosceva e le donne hanno chiesto a Francesco come cuocerli. Poi li hanno provati – crudi con il sale e l’olio – con grande diffidenza. Ma i bambini li hanno trovati subito buonissimi, entusiasti di quel sapore nuovo e sconosciuto e dal poterli mangiare crudi. Così ora girano per il Villaggio tanti bambini con in mano un cetriolo che mordono con gioia e divertimento.

Anche i fiori di zucca, che le donne hanno visto Francesco utilizzare fritte o come condimento di altre pietanze hanno suscitato una incredibile ilarità: Francesco mangia i fiori! Poi qualcuna, tra le più coraggiose e curiose li ha assaggiati. Mica male il sapore. Però hanno avuto meno successo perchè devono essere cucinati e, non rientrando nelle precedenti consolidate abitudini, faticheranno parecchio ad essere accettati.

Abbiamo anche piantato numerosi alberi da frutta: papaia, manghi, banani, ananas, aranci, ed altra frutta tropicale, da noi poco conosciuta, come zaitun e casimiri. La loro crescita, trattandosi di un paese tropicale, è rapida e sorprendente. Ma questo è dovuto alla possibilità di irrigarli in modo adeguato, utilizzando l’acqua del pozzo. Nel resto della regione, purtroppo, non è così.

Il Centro di Emergenza – cioè il centro dove vengono accolti e ricoverati i bambini gravemente denutriti e disidratati, insieme alla loro mamme – funziona a pieno ritmo ed è praticamente sempre al completo perchè, come un bambino viene dimesso – ma occorrono settimane e a volte qualche mese perchè il recupero sia completato – il suo posto viene subito occupato da un altro. Molti dei bambini che curiamo ci vengono inviati dal locale ospedale – con il quale abbiamo una stretta collaborazione – perchè non è attrezzato per far fronte a tale tipo di necessità. Il Centro è quello che assorbe la maggior parte del tempo e delle energie, e che comporta i maggiori costi. I bambini difatti sono in situazioni gravissime ed occorre seguirli con grande attenzione perchè, essendo così debilitati e denutriti, prendono con grandi facilità ogni tipo di malattia e di infezione, sopratutto intestinali e polmonari. Sono tutti ad alto rischio ed è veramente difficile riuscire a curarli nel modo giusto e con quello che abbiamo disponibile sul posto.

In questo periodo abbiamo nel Villaggio le due prime volontarie – Francesca e Katia, due giovani ragazze, entrambe medico – che hanno deciso di dedicare un mese all’aiuto dei bambini. Ci sono di grandissimo aiuto e ci rendiamo conto che avremmo bisogno di avere una turnazione continua che ci permetta di avere sempre un medico presente. Abbiamo numerose richieste in tal senso, ma quelle che si sono concluse, al momento, sono solo queste due e quella precedente, nel mese di maggio, quando Andrea, il fidanzato di Venturella (sorella di Francesco) è riuscito a trattenersi ad Adwa per circa tre settimane.

Anche questa volta vi voglio raccontare qualche nuova storia ed aggiornarvi sulle due precedenti.

La volta scorsa vi avevo raccontato le storie di Idris e di Abdulah

Idris era il piccolo bimbo di sei mesi che pesava 2,4 chili, che dopo essere stato ricoverato nel nostro Centro ha sofferto più volte di vomito e diarrea così che siamo stati costretti, ogni volta, a portarlo in ospedale per applicare una flebo per la reidratazione. Ogni volta pesava di meno, era sempre meno reattivo ed il medico continuava a ripetere, inesorabilmente: è senza speranza. Idris è arrivato alla soglia della morte, grigio, con il respiro ridotto ad un rantolo ed anche noi, una sera eravamo convinti che non l’avremmo trovato più vivo al mattino seguente. Ma, al mattino, era ancora vivo.

Vi ho lasciati, ad aprile, solo con questa notizia: Idris era ancora vivo.

Ma anche con un interrogativo: per quanto tempo?

E’ accaduto ciò per cui – insieme con voi – abbiamo tutti combattuto e creduto.

E’ accaduto che Idris, contro ogni previsione, ha vinto per il momento la sua battaglia ed è ancora vivo!

Ora ha circa un anno ed il suo peso è praticamente triplicato. E’ vispo, bello grassottello, ride e gioca. E’ molto più piccolo di un bambino della sua età ma, per recuperare una denutrizione così grave, occorre del tempo. Intanto quello che è accaduto da aprile ad oggi, in meno di sei mesi, ha dell’incredibile.

Abdulah, la ricordate, era la bambina di circa 11 anni raccolta in ospedale dove, da molti mesi, giaceva su un lettino troppo piccolo per lei, mangiando solo the e pane.

Anche Abdulah ce l’ha fatta. Anzi, per essere precisi, dovremmo dire che forse ce la sta facendo.

Lei non era certo nelle condizioni di Idris, ma anche la sua situazione era ad alto rischio. Comunque, in questi mesi che ha passato con noi è notevolmente cresciuta di peso e migliorata come aspetto e condizione generale. Il suo addome è quasi normale e, da poco tempo, ha sospeso la cura di antibiotici. Vedremo se potrà considerarsi guarita o se il suo problema si ripresenterà. Però la cura di antibiotici che ha fatto – prescritta dai medici locali per una presunta TBC intestinale – le ha leso il nervo dell’udito per cui non sente quasi nulla. La lesione era già assai grave nel momento in cui l’abbiamo presa con noi e, in tutto questo tempo, la prosecuzione della cura non l’ha certo migliorata.

Questa menomazione fa sì che sia molto distaccata da quello che avviene nel Centro, per cui, avendo difficoltà nei contatti, ha maturato notevoli problemi psicologici e caratteriali. D’altro canto è anche comprensibile che, non sentendo quasi nulla, si senta isolata e cerchi quindi di richiamare su di se l’attenzione in ogni modo. Inoltre ha il problema di come passare la giornata. Cerchiamo di farla disegnare, di fare qualche giochino ma questo, ovviamente, non basta.

Però ora c’è stata una svolta. Qualcuno ci ha regalato un apparecchio acustico che abbiamo “imposto” ad Abdulah di mettere. Con quello riesce a sentire qualcosa per cui la situazione è notevolmente migliorata.

E’ in grado di frequentare il corso di inglese che abbiamo organizzato nel Villaggio per tutti i bambini e questo, oltre a farle trascorrere il tempo, sia durante il corso sia facendo i compiti, le consente di integrarsi meglio e di più. Purtroppo l’apparecchio è arrivato quando le scuole erano già iniziate, per cui ora non è possibile iscriverla. Lo faremo non appena possibile e, probabilmente, dovrà essere iscritta ad una delle primissime classi elementari.

Al momento, comunque, sta dimostrando un grande interesse per i bambini più piccoli ricoverati nel Centro, per cui si occupa di loro, facendoli giocare, tenendoli in braccio, aiutando in qualche modo le donne del Centro. Questo la impegna, le consente di passare il tempo con interesse e, sopratutto, la gratifica e la fa sentire più importante.

Sembra dunque che anche Abdulah, in modo diverso da Idris, possa uscire, piano piano, dal suo tunnel.

Le storie di Lucky e di Andreas sono invece nuove.

Lucky, forse di circa un anno, ci è stato portato una mattina. Lo ha trovato al mattino presto una donna che era andata al fiume per attingere acqua. Il bambino giaceva sul greto del fiume dove era stato abbandonato la sera prima, seminascosto dai sassi e sommerso dal fango fino alle ascelle. Lo ha visto per caso. Ha avvisato la polizia che ce lo ha portato. La notte era stata terribile con una pioggia violenta durata fino quasi al mattino. Il bambino è rimasto sul greto del fiume tutta la notte, sotto l’acqua torrenziale. Al mattino, quando la polizia l’ha raccolto, era sommerso dal fango fino al torace, ma non era finito nel fiume, dove sarebbe affogato, solo perchè era rimasto con i piedini “puntati” su un sasso. Questo gli ha salvato la vita, evitandogli di essere travolto e portato via dalle acque. Francesco ci ha detto che, quando l’ha preso in braccio, ha letto nei suoi occhi un terrore che non aveva mai visto prima. Il terrore di chi, ad appena un anno di vita – questa dovrebbe essere la sua età approssimativa – ha passato una intera notte al freddo, sotto una violentissima pioggia tropicale, abbandonato nel fango del greto di un fiume, con l’acqua che minacciava di portarlo via ad ogni istante e con il fango che continuava a salire.

Considerato come sia riuscito a sopravvivere a quella terribile notte e come sia stato casualmente visto e trovato Francesco ha pensato che era stato proprio fortunato ad essere ancora vivo. Così, non conoscendo il suo nome è stato chiamato Lucky, cioè fortunato!

Dopo due o tre giorni, i suoi occhi ed il suo sguardo hanno cominciato a perdere quel terrore che esprimevano con una violenza quasi insostenibile, per chi lo guardava. Un terrore che difficilmente riuscirà a dimenticare. Ora comunque è apparentemente tranquillo ed è seguito dalle donne del nostro Centro, dove è ricoverato. Se non si troveranno i genitori potrà essere accolto nel villaggio. Al momento è al sicuro. Speriamo che possa restarvi.

Andreas ci è stato mandato dall’ospedale, quando ave meno di un mese di vita, perchè la madre era morta per una complicanza in seguito al parto, avvenuto prematuramente.

Date le sue condizioni, era assai debole per cui dopo un paio di giorni, ha manifestato una grave forma di diarrea che ci ha costretti a riportarlo con urgenza all’ospedale per reidratarlo con una flebo e dargli del nutrimento. Quando, la sera, Venturella ed Andrea sono andati a visitarlo hanno trovato Almas, la donna alla quale lo avevamo affidato, che stava piangendo. Il piccolo era cianotico e verdastro e cominciava a fare schiuma dalla bocca respirando a fatica. Francesco è corso subito a cercare un medico dell’ospedale ma il bambino peggiorava a vista d’occhio. Andrea che è un medico anestesista, si è subito reso conto che si trattava di un edema polmonare, dovuto probabilmente ad un eccesso di liquidi somministratigli e non si poteva aspettare. Per intervenire c’era un tempo brevissimo, al massimo pochissimi minuti. Ha chiesto agli infermieri dell’ospedale se avevano disponibile del cortisone e, avutane risposta positiva, ha chiesto che lo utilizzassero immediatamente. Per fortuna le sue insistenze, anche di rapidità di intervento, sono state ascoltate. Il bambino, quando era ormai allo stremo, ha cominciato a riprendersi sotto i loro occhi e, in pochi minuti, si è normalizzato e stabilizzato.

Nel frattempo Francesco era di ritorno con il medico ma, se non fosse stato per la presenza di Andrea, sarebbe stato troppo tardi.

La madre non aveva ancora dato il nome al piccolo, così Francesco ha deciso di chiamarlo Andreas: doveva la vita ad Andrea ed era bello che ne portasse il nome.

Oggi Andreas è uno degli ospiti del Villaggio, vive con mamma Almas (la donna che lo assisteva in ospedale) e, naturalmente, Andrea ha voluto averlo in adozione!

Anche questa volta ho scritto tanto. Le cose da dire sarebbero tante e, se seguissi quello che sento, continuerei a parlarne ed a scriverne ancora a lungo.

Però ormai il tempo stringe, devo preparare tutto per la partenza: pezzi di ricambio, medicinali, pasta, riso, olio, altri alimenti in scatola, vestitini, matite e penne, saponi disinfettanti, garze, bende, raccoglitori per documenti, un paio di giochini e chissà cos’altro ancora.

A presto cari amici, a prestissimo.

Vado portando anche la vostra gioia e la vostra partecipazione e darò ad ogni bambino del Villaggio un abbraccio ed un bacio anche da parte vostra.

Ritornerò sicuramente pieno di altre notizie e di foto e vi scriverò ancora, prima di Natale. Se sarà possibile cercherò, subito al mio rientro, di anticiparvi intanto qualche foto, visto che alla presente lettera non ne posso allegare nessuna.

Un abbraccio a tutti!

Franco[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]

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